12 dicembre 2020

Rassegna delle forze calcistiche alla vigilia dei campionati nazionali

articolo pubblicato su La Stampa del 16 settembre 1932 a pagina 4 a firma "N. M."

Il testo è stato riportato integralmente, senza alterazioni; eventuali errori di battitura sono pertanto da attribuire all'autore originale dell'articolo.

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Rassegna delle forze calcistiche alla vigilia dei campionati nazionali

Nei ranghi dei «cadetti» 

La preparazione delle squadre di Serie B ha ormai chiuso il suo ritmo. Le diciotto unità si accingono ad entrare ufficialmente in campo e ad iniziare quella lunga battaglia che è il Campionato. Nonostante le discussioni e le proposte sorte alla fine della stagione scorsa, la formula del torneo rimarrà ancora quella del Girone unico, che, se pure serba alle società un onere gravissimo, assicura, però, alla distanza, una selezione rigorosa delle forze e valorizza pertanto le unità qualitativamente migliori. Il fatto stesso che si è ritenuto conveniente mantenere intatti i criterii organizzativi degli anni scorsi, sta a dimostrare che la maggioranza delle squadre concorrenti preferisce pur sempre la fisionomia attuale del torneo e trova, in questa identità di formula, l'unica ragione di affinità del proprio campionato con quello della massima Divisione. Smembrare, come si era proposto, il Campionato in diversi gironi, vorrebbe dire senza dubbio eliminare gran parte dei mali che gravano ora sulle società: mali, è risaputo, essenzialmente di... cassetta; ma vi è da pensare che, se questa proposta fosse avanzata, alle diciotto unità del torneo le adesioni non fioccherebbero con l'entusiasmo che molti credono.

Chi scende e chi sale

Immutata la formula, avremo dunque in lotta anche quest'anno diciotto squadre rappresentanti un po' tutte le regioni della penisola, dal Piemonte alla Sicilia e alla Sardegna. Le compagini di nuova coscrizione sono cinque: due, Brescia e Modena, scese dalla Serie A, e tre salite dalla prima Divisione: Sampierdarenese, Messina e Grion di Pola. Le altre sedici appartengono al contingente dell'anno scorso e sono ormai tutte vecchie conoscenze: Atalanta, Cremonese, Comense, Cagliari, Verona, Pistoiese, Livorno, Monfalconese, Vigevanesi, Spezia, Novara, Legnano, Serenissima. Stabilire a priori quali di queste diciotto unità sono destinate alla promozione o alla retrocessione è un fatto che urta contro l'esperienza degli anni scorsi, nei quali abbiamo visto cadere in modo inatteso candidature ritenute granitiche alla vigilia e sorgere per compenso rivelazioni clamorose. Novità, tuttavia, i ranghi delle «diciotto» ne presentano a dovizia. Si può dire, anzi, che il gioco fra la domanda e l'offerta dei giocatori sia stato più animato in questo campionato che non in quello di Serie A. Quattro società, Livorno, Sampierdarenese, Brescia e Modena, più d'ogni altra, si sono radicalmente trasformate e si presentano con tutte le attrattive della novità. Le prime due hanno ingaggiato elementi di valore, mentre le altre due, retrocesse dalla massima Serie, hanno liquidato i migliori giocatori per sostituirli con dei giovani ricchi, se non altro, di entusiasmo. Il Livorno, cedute alcune riserve, ha messo assieme una rosa di acquisti che farebbe gola a qualsiasi società di Serie A: Volante, Bonivento, Aigotti, Dossena, Paolini e l'allenatore Lelovich figurano infatti nella lista, e quando si pensi che Lelovich, per fare un esempio, è stato sino a ieri il trainer ammirato del Bologna, non è difficile convincersi della serietà che anima i dirigenti labronici. L'innesto di Volante, oltre a risolvere il problema tecnico della squadra, costituisce il primo esempio... di coscrizione italo-americana della Serie B ed è senza dubbio una delle sorprese più gradite del Campionato. Aigotti comanderà verosimilmente l'attacco, il quale sarà integrato dal combattivo Bonivento. 

Trasformazioni radicali

Anche la Sampierdarenese ha seguito un po' le orme del Livorno. Salita dalla Prima Divisione, l'unità ligure ha abbracciato un programma di larghe vedute. Forse essa si accinge a realizzare quella che fu l'aspirazione inconfessata del Palermo: passare cioè nel giro di due stagioni dalla Prima Divisione alla Serie A; e non si può dire che i numeri le difettino per portare l'impresa a buon fine. Essa intanto ha trasformato di sana pianta la propria formazione collezionando i proprii elementi un po' in Serie A e un po' in Serie B. Barbieri, Galli, Azimonti, Lancioni, Bossi, Rebolino rappresentano il contingente qualitativamente migliore degli acquisti sampierdarenesi.

Brescia e Modena hanno smobilitato. Il Brescia ha ceduto Maffioli, Ranelli, Pasolini e tutta una schiera di giovani che Schoffer ha portato con sé a Siena. In compenso rientrano nella compagine delle «rondinelle» Bianchi, centro-attacco, Bonometti, terzino, mentre Mestroni, un giovane attaccante, e Patuzzi, contribuiranno a consolidare il gioco della linea d'offesa. L'unità lombarda conserva intatta la sua ferrea mediana, che è un po' la depositaria dello spirito combattivo della squadra: l'esperienza e il gioco stilisticamente pregevole di Scaltriti, Frisoni e Morselli basteranno senza dubbio ad animare i compagni di nuova coscrizione. 

Il Modena, ha ceduto Dugoni, Scaramelli, Policaro, Aimi, Todeschini e molti altri elementi e ha acquistato Piziolo II, Baldinotti e Archesso. La partenza del fulvo capitano è il colpo più serio per la squadra «gialla», in quanto Dugoni era per il Modena ciò che era ad esempio Caligaris per il Casale; ma non bisogna dramatizzare la situazione dei «canarini» poiché rimane l'impressione che la squadra, anche così trasformata, sia pur sempre all'altezza della propria situazione e del proprio gioco.

Compre e vendite

Altre squadre hanno tentato, sia pur con intenzioni più modeste, di animare il mercato di compra-vendita. I Vigevanesi, il Messina, la Serenissima, la  Comense e il Legnano appartengono a questo lotto di rincalzo. I Vigevanesi hanno venduto tutti i migliori elementi della scorsa stagione: Sala, Buscaglia, Aigotti, Azzimonti, Decarli, Balossino, ecc. e hanno acquistato per compenso un terzetto di giocatori valorosi, Carmignato, Fibbi e Gianelli. La Comense, che ha ingaggiato Baloncleri in qualità di allenatore, ha fatto man bassa nel vivaio «granata» del Torino, prelevandone Lorini, Nicolis e Franzoni: ha scritturato diversi altri giovani e Carrera, l'attaccante della Serenissima, cedendo però molti titolari della prima squadra, fra i quali, Biffi, Romano e Paride. La Serenissima ha venduto Carrera e ha acquistato Rossi, Gravisi, Cunico e un giovane centro-sostegno, Baccaglini, del quale si dice un mondo di bene. Il Legnano ha ingaggiato un terzetto di allievi dell'Ambrosiana, Rizzi, Negri, Canepa, coprendo così la partenza di Gruden, Alliatis, Gerola, ecc. Il Messina ha ceduto Cevenini III, il popolare «Zizì», e ha acquistato Calzolari, centro sostegno, Sternisa, centro attacco, Marchioro, terzino, Sassetti e Lumia, attaccanti.

Nelle altre squadre, invece, le novità sono poche: si tratta più che altro di cessioni per mantenere in equilibrio il bilancio finanziario, sempre restìo a raggiungere il pareggio fra entrate e uscite. Lo Spezia ha ceduto Santillo e Busdon, ma finora non ha fatto acquisti degni dì nota. Altrettanto dicasi del Cagliari, dal quale sono usciti Ostromann, Ossoinach e Bedini; della Pistoiese, che ha venduto Turchi e Gambino; dell'Atalanta che ha passato in « lista » Ceresoli e Bonometti spezzando cosi la sua ferrea difesa. La Monfalconese ha ceduto i soli Archesso e Blason della prima squadra ed è intenzionato di valorizzare vieppiù il proprio vivaio. La Cremonese vende Dalle Vedove, Sbalzarini e Ravani e pesca come al solito... nelle acque del Mantova; il Verona cede Busini, Patuzzi e Corsi; il Grion Pola non ha ancora svelato le proprie intenzioni e il Novara, infine, che ha ceduti Gamba, Galli, Roggia e Perucco, sta organizzando in questi giorni una squadra in gran parte nuova. 

N. M.

2 novembre 2020

Erberto Levi Landi: una breve biografia

di: Andrea Ridolfi Testori

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Erberto Landi in una foto
non datata
Tra le figure del giornalismo sportivo italiano degli anni '30 è degno di menzione Erberto Levi, che scrisse per testate quali La Gazzetta dello Sport, La Domenica Sportiva, Calcio Illustrato e Il Littoriale, e fu autore di diversi libretti monografici dedicati ai campioni del suo tempo, tra cui alcuni per la collana "I campioni del giorno" e una biografia di Virginio Rosetta (Viri: piccola storia di un grande atleta). Ma chi era Erberto Levi?

Levi nacque Giacobbe Erberto Minetto Levi il 9 ottobre 1908 a Savigliano, in provincia di Cuneo, da una famiglia ebrea. I suoi genitori erano Eugenio Levi (nato a Casale Monferrato il 14 novembre 1874 e deceduto il 22 maggio 1924) e Stella Foà (nata a Moncalvo il 22 ottobre 1880 e deceduta a New York City nel maggio 1973). I genitori si erano sposati il 22 gennaio 1906 a Moncalvo. Dopo la gioventù passata in Piemonte, Levi si stabilì a Milano per frequentarvi la Regia Università, presso la quale si laureò in giurisprudenza nel 1930. A Milano visse dapprima in via Carlo Tenca 29 e successivamente in via Camillo Hajech 12. Sentendosi più affine al mondo del giornalismo, e avendo mostrato un certo talento per la scrittura, Levi iniziò a collaborare con diverse pubblicazioni, raccontando una delle passioni più ardenti degli italiani: il calcio. Già a poco più di vent'anni era tra le firme della Gazzetta dello Sport. Parallelamente alla sua attività di pubblicista, Levi si era iscritto all'Università di Perugia, presso la quale conseguirà un'ulteriore laurea, stavolta in giornalismo, nel 1932.

Nel 1933 scrisse "Il campionato di calcio 1933-34", una guida completa alle squadre di Serie A e Serie B dell'epoca, ricca di foto e informazioni e scritta con il consueto stile elegante e scorrevole che caratterizzava Levi fin dagli inizi della sua carriera. Tra la fine del 1933 e l'estate del 1934 scrisse una serie di piccole biografie di alcuni campioni del suo tempo, tra cui Felice Placido Borel, Umberto Caligaris, Carlo Ceresoli e Nereo Rocco, tutte pubblicate nella collana "I campioni del giorno" edita dalla Gazzetta dello Sport. Nel 1935 uscì Viri: piccola storia di un grande atleta, una biografia del celebre calciatore Virginio Rosetta, pubblicata dall'Editrice Popolare Milanese.

Levi andava quindi affermandosi quale firma di vaglia del giornalismo sportivo italiano. La Storia però dovette in questo essergli nemica: il sempre più invasivo e spietato regime fascista stava diventando ancor più intollerante e totalitario. Nel 1938 vennero varate le leggi razziali, dando inizio alle terribili persecuzioni contro gli ebrei. Levi, che viveva da tempo a Milano, dovette scegliere tra rimanere in patria e vedersi privato dei suoi diritti, o emigrare all'estero e costruirsi una nuova vita. Scelse la seconda opzione, sicuramente portando dentro di sé il dolore di aver visto rivoltarglisi contro il suo stesso Paese, che tante opportunità e soddisfazioni gli aveva dato.

La foto che Levi allegò alla sua richiesta
di cittadinanza americana
Levi emigrò pertanto a Londra, e si stabilì nel quartiere di Wembley Park. Maturò però in lui il desiderio di mettersi in gioco in un palcoscenico ancor più grande, l'America. Il 26 maggio 1939 proprio da Londra si imbarcò sulla SS American Farmer, salpando alla volta di New York. Giunse in territorio americano il 5 giugno 1939. Nel dicembre dello stesso anno fu raggiunto dalla madre, Stella Foà vedova Levi; giunta negli Stati Uniti a bordo del noto transatlantico Conte di Savoia, la signora Stella andò ad abitare con il figlio al 929 di West End Avenue, nell'Upper West Side di Manhattan.

Negli Stati Uniti Levi iniziò a farsi strada nel mondo radiofonico, lavorando per numerose emittenti dello stato di New York tra cui WOV, WNCW, WBNX e WHOM, impegnandosi a diffondere lingua e cultura italiana sia attraverso la promozione di musica che suggerendo film italiani da trasmettere nelle televisioni americane. Dal 1943 al 1948 lavorò con la NBC, sempre nell'ambito dei programmi in lingua italiana. Levi fece presto richiesta di ottenere la cittadinanza americana, che gli venne concessa nel 1946: cambiò anche il suo nome in Erberto Levi Landi, e divenne conosciuto semplicemente come Erberto Landi.

Landi con Celentano all'Isola del Giglio
(Foto: Rivista Billboard)
Durante la sua carriera nel mondo della televisione, della radio e dello spettacolo, Landi si dedicò specialmente alla musica: nei teatri era particolarmente attivo nell'ambiente operistico (solo un paio di esempi: Luciano Virgili, Toni Arden), mentre per la musica leggera si occupò di introdurre al pubblico artisti che in Italia erano già molto noti: Orietta Berti, Peppino Di Capri, Domenico Modugno, Claudio Villa, Iva Zanicchi e altri. La Erberto Landi Advertising Co., la sua società, aveva sede sulla celebre 7th Avenue, nel cuore di Manhattan, dove Landi risiedeva.

I vari impegni di alto profilo di Landi lo resero una delle figure di spicco della comunità italo-americana della Grande Mela, grazie anche alla sua partecipazione in iniziative benefiche (si occupava di pubblicizzare la Italian Charities of America, un'associazione no profit). Nel 1962 fu nominato Cavaliere della Repubblica Italiana per i suoi risultati nella promozione della cultura italiana in America.

Landi morì nelle prime ore del 10 ottobre 1971 all'ospedale di St. Clare's, a Manhattan, dopo una breve malattia. Gli sopravvissero la moglie Lina e l'anziana madre Stella. Erberto Landi è sepolto nel cimitero Beth Olam a Brooklyn.

::: ENGLISH VERSION :::

Erberto Landi: a short biography

Erberto Levi was an important figure among Italian sports journalists of the 1930s. He wrote for several major sports newspapers and magazines, among which La Gazzetta dello Sport, La Domenica Sportiva, Calcio Illustrato and Il Littoriale, he authored some short biographical works on prominent footballers of his era, including some for the "I campioni del giorno" (Champions of the day) series, and a biography of Virginio Rosetta (titled Viri: piccola storia di un grande atleta). But who was Erberto Levi, or, as he was later known, Erberto Landi?

Levi was born Giacobbe Erberto Minetto Levi on October 9, 1908 in Savigliano, Province of Cuneo, from a family of long-standing Jewish heritage. His parents were Eugenio Levi (born in Casale Monferrato on November 14, 1874 and deceased on May 22, 1924) and Stella Foà (born in Moncalvo on October 22, 1880 and deceased in New York City in May 1973); they got married on January 22, 1906 in Moncalvo. After spending his youth in his native region of Piedmont, Levi moved to Milan, where he attended the local university. He graduated from Law school in 1930. He showed talent for writing and journalism, and he started to work for several newspapers and magazines; he wrote about football, one of the topics Italians are most passionate about, and at 20 he was already working with La Gazzetta dello Sport, the main sports newspaper in Italy. He had also enrolled at the University of Perugia, where he obtained a Journalism degree in 1932.

In 1933 he authored "Il campionato di calcio 1933-34", a detailed guide to the teams of Serie A and Serie B, the top two divisions of Italian football, complete with pictures and information about players and coaches and written in Levi's usual elegant and fluid writing style. Between the final months of 1933 and the summer of 1934, Levi wrote a series of short biographies of some contemporary footballers, among which Felice Placido Borel, Umberto Caligaris, Carlo Ceresoli and Nereo Rocco, all published by La Gazzetta dello Sport in the "I campioni del giorno" series. In 1935 his book Viri: piccola storia di un grande atleta ("Viri: the short story of a great athlete") was published by Editrice Popolare Milanese, a small Milan publisher: the book is a biography of prominent Italian international footballer Virginio Rosetta.

Levi was becoming one of the main names of Italian sports journalism: but History prevented him from pursuing this career. The Fascist regime was growing more ruthless, controlling and intolerant, and in 1938 the government promulgated the racial laws, starting years of persecution against Jewish people. Levi, who was living in Milan at the time, had to choose between staying in his homeland and see his rights taken away from him, or going abroad and reinvent his life and his career. He chose the latter option, feeling the pain of seeing his own country turning into an enemy after giving him the opportunity to write about his passions.

Levi initially emigrated to London, and briefly lived in the Wembley Park area. The desire of trying his luck on a bigger stage grew in him, and he decided to move to the United States. On May 26, 1939 he boarded SS American Farmer in London, heading to New York, where he arrived on June 5. In December his widowed mother, Stella Foà Levi joined him after travelling on board of Conte di Savoia, a famed ocean liner. Erberto and Stella lived together at 929 West End Avenue, in the Upper West Side of Manhattan.

In the US, Levi started to work in radio and television in New York City, and promoted Italian culture and the Italian language through several networks (WOV, WNCW, WBNX and WHOM). He chose the best Italian songs by famous Italian singers for radio broadcasting, and Italian movies to be aired on American television. He also worked for NBC from 1943 to 1948. He soon submitted a petition to obtain the American citizenship, and he became a US citizen in 1946. He also legally changed his name to Erberto Levi Landi, and was known to the public as Erberto Landi.

During his career in radio and television, Landi was especially committed to music: he promoted opera singers in theaters (among the artists he represented, Luciano Virgili and Toni Arden), and introduced to the American public several pop singers who were already famous in Italy (some examples: Orietta Berti, Peppino Di Capri, Domenico Modugno, Claudio Villa, Iva Zanicchi). The Erberto Landi Advertising Co., his company, had its office at 853 7th Ave., in the heart of Manhattan, where he also lived.

Landi's numerous initiatives made him an important figure among the Italian American community in New York City, and he also represented the Italian Charities of America as its publicity director. In 1962 the Italian government awarded him the title of Cavaliere (Knight), "for his work linking Italy and the United States in the field of arts", as written by the New York Daily News.

Landi died in the early hours of October 10, 1971 at St. Clare's Hospital in Manhattan, after fighting a brief illness. He was survived by his wife, Lina, and his elderly mother Stella (who was aged 91 at the time of his son's death). Erberto Landi is buried at Beth Olam Cemetery in Brooklyn, NY.

26 settembre 2020

Il campionato che non voleva finire: la Serie B 1967-68

di:
Andrea Ridolfi Testori

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315 giorni, e cioè 10 mesi e 11 giorni, dal 10 settembre 1967 al 21 luglio 1968. Questo il tempo necessario per portare a termine il campionato di Serie B 1967-68, il 4º più lungo nella storia della competizione. Il più lungo di sempre è stato il campionato 1946-47, che durò 343 giorni dal 22 settembre 1946 al 31 agosto 1947 (11 mesi, 9 giorni), lo stesso numero di giorni del campionato 2019-20, macchiato dalla lunga interruzione causata dalla pandemia da Covid-19 (11 mesi e 8 giorni tra il 23 agosto 2019 e il 31 luglio 2020). Il terzo campionato per lunghezza fu il campionato 1952-53, che di giorni ne durò 317. La stagione 1967-68 però si distingue dagli altri campionati sopracitati per un fattore determinante: non si è praticamente mai interrotta. Tutte le altre stagioni hanno avuto degli spareggi o dei recuperi giocati ben oltre la data di conclusione della stagione regolare, allungando pertanto, sulla carta, la durata del campionato. La stagione 1967-68 ha avuto invece la particolarità di essersi giocata continuativamente, con due spossanti e interminabili fasi di spareggi-salvezza che logorarono oltremodo le squadre costrette a parteciparvi: da una parte la pressione di salvarsi ed evitare la retrocessione, dall'altra la stanchezza per un torneo che sembrava non voler mai finire.

Andiamo pertanto a narrare la storia di questo campionato, davvero unico nel suo genere. Doveroso esporre dapprima gli antefatti: a livello strettamente sportivo la riforma del campionato di Serie A che aveva portato la massima serie a 16 squadre costringe la Serie B a un campionato a 21 squadre che ne aumenta la durata a 42 turni. Come in tutti i campionati che prevedano un numero dispari di partecipanti, in ciascuna giornata una squadra diversa osserva un turno di riposo. Per la stagione 1967-68 sono previste quattro retrocessioni, anziché le consuete tre, per fare in modo di riportare i partecipanti a 20 fin dalla stagione 1968-69. A livello sociale, l'Italia e il Mondo intero attraversano uno dei periodi storici più ricchi di cambiamenti, con il movimento sessantottino a infiammare le proteste studentesche e ad animare il risveglio delle coscienze. Le tensioni sociali si rifletteranno, come vedremo più avanti, anche negli stadi, e durante la stagione non mancheranno incidenti, intemperanze, aggressioni e invasioni di campo...

Grandi aspettative gravano sulle spalle di Genoa e Lazio, le cui tifoserie bramano uno spedito ritorno al palcoscenico di Serie A. Le retrocesse dalla A, oltre alla Lazio, sono Foggia, Lecco e Venezia, altre pretendenti alla vittoria del campionato. Dalla C sono salite Bari e Monza, altre due società dalla grande tradizione nel campionato "cadetto". La stampa indica il Palermo quale possibile sorpresa del campionato, mentre il Verona e il Catania sono tra le favorite.  La prima giornata si tiene il 10 settembre 1967. I primi a riposare sono i giocatori della Reggiana, che debutterà quindi nel turno seguente. Nelle partite inaugurali 7 pareggi su 10, una vittoria esterna (il Livorno a Reggio Calabria, con gol di Santon) e due vittorie in casa a opera di Modena (2-1 sul Genoa) e Padova (2-1 sul Bari). L'attaccante istriano Muiesan (questa la grafia corretta del suo cognome, nonostante sia quasi universalmente citato come Mujesan) del Bari fa già intravedere il proprio stato di forma segnando il gol del provvisorio 1-1: molte altre volte il suo nome verrà iscritto nel tabellino dei marcatori, e risulterà il capocannoniere del torneo.

Nelle prime giornate Livorno, Palermo e Pisa si pongono come inattese apripista, seguite a breve distanza da Padova, Perugia e Reggina. Da segnalare l'acceso derby Bari-Foggia 2-2 del 1º ottobre 1967 (4ª giornata), tanto agguerrito da far scrivere a Ivo Bocca del Corriere dello Sport nella sua cronaca alla partita: «Erano gambe o mazze ferrate? Calci al pallone o bombarde? Cariche o scontri di carri armati? Ad ogni contatto un colpo al cuore. Addio quella gamba! Povera testa! E invece una spugna di acqua in faccia, un piede tuffato nel secchio con la scarpa, qualche passo zoppicando e poi avanti come prima a pestare, a correre, a incornare più di prima.» Pisa-Perugia 2-1 del 29 ottobre si segnala come una delle gare più spettacolari del torneo.

Livorno-Monza: i giocatori circondano
lo spettatore che ha aggredito l'arbitro Sbardella
All'11ª giornata, il 19 novembre, il primo episodio che coinvolge le intemperanze del pubblico. Durante Livorno-Monza l'arbitro Sbardella di Roma fa ripetere un calcio di punizione in favore del Monza per il movimento in avanti di Nardoni, uno dei componenti della barriera livornese. Il secondo tentativo causa il gol del pareggio del Monza a opera di Strada. Da lì, si scatena la rabbia del pubblico. Racconta così Ulisse Cerri del Corriere dello Sport: «Sbardella è stato malmenato; tifosi infuriati hanno invaso il campo e successivamente sfondato una grande saracinesca dell'ingresso centrale; lo stadio ha subito gravissimi danni: porte e vetri in frantumi. C'è stata perfino una sassaiola contro una cabina radio [...] la stessa vettura della RAI che sostava fuori dallo stadio è stata rovesciata da alcuni sportivi infuriati. [...] mentre giocatori ed arbitro si stavano avviando al sottopassaggio, si è visto uno spettatore saltare indisturbato la rete di protezione e senza che nessuno se ne accorgesse arrivare all'arbitro e colpirlo con un pugno al viso [...].» I carabinieri intervengono e fermano l'invasore, Sbardella lo colpisce con dei calci, "vendicandosi" dell'aggressione subìta; l'allenatore del Monza Radice indirizza un gesto offensivo verso il pubblico. Gli eventi precipitano poi come descritto sopra.

La 13ª giornata è caratterizzata da forti polemiche sull'operato arbitrale (Il Corriere dello Sport addirittura titola "Arbitri al tritolo" e "Inferno a Lecco") e da un altro spiacevole episodio appunto a Lecco, in cui il portiere laziale Idilio Cei viene colpito da dei sassi lanciati in campo dal pubblico. Così viene descritto l'episodio: «[dopo l'espulsione di Carosi] nella mischia veniva coinvolto anche il medico sociale del Lecco; due spettatori riuscivano a scavalcare la rete di protezione e mentre il primo veniva immediatamente bloccato, l'altro raggiungeva Cei e lo colpiva con alcuni pugni al capo. [...] Il parapiglia durava circa 7' mentre in campo cominciavano a piovere sassi [...] Cei, che aveva ripreso il suo posto fra i pali, si accasciava poco dopo al suolo e chiedeva di essere sostituito. Abbandonava il campo con la testa fra le mani (il referto del medico annota: contusione alla regione parietale destra). Da quel momento il gioco era soltanto una rissa.» Nonostante parte della stampa sottolinei la necessità di assegnare la vittoria a tavolino alla Lazio, il Giudice Sportivo sarà di diverso avviso e il risultato di 1-1 sul campo sarà omologato.

Tornando a parlare di calcio giocato, il Palermo continua la sua marcia, seguito dal Pisa che può contare sui gol di Manservisi, Joan e Piaceri. La 17ª giornata si gioca il 31 dicembre 1967, chiudendo l'anno solare con il Palermo in testa alla classifica con 23 punti. I rosa-nero continuano a ottenere risultati positivi anche nella prima giornata giocata nell'anno 1968, battendo per 3-0 il Messina (che era rimasto in 9 uomini per le espulsioni di Benatti e Gonella), mentre il Verona continua a scalare posizioni con la vittoria in trasferta ottenuta a Lecco.

Alla 20ª giornata un altro avvenimento spiacevole. L'arbitro Picasso di Chiavari, rientrando negli spogliatoi dopo la fine del primo tempo, viene colpito da una bottiglietta lanciata dalle tribune dello stadio di Verona durante l'incontro Verona-Bari (terminato 1-1). Fortunatamente non ci sono conseguenze serie e il direttore di gara può concludere il suo arbitraggio. La 21ª giornata è caratterizzata da un episodio piuttosto raro: la partita tra Palermo e Foggia in programma in Sicilia viene rinviata per la scossa di terremoto avvertita il 25 gennaio a Palermo, pochi giorni dopo il forte terremoto del Belice. La prudenza consiglia di posticipare l'incontro a una data più sicura. Si laureano campioni di inverno Palermo e Pisa a 26 punti, seguite da Verona, Reggiana e Foggia. Problematica le situazioni del Messina, ultimo a 12 punti, e del Modena, penultimo a 13 lunghezze. Deludenti i campionati della Lazio e del Venezia, l'una dodicesima e l'altra diciassettesima alla fine del girone d'andata.

Lazio-Pisa 0-0, 16ª giornata:
uscita del portiere toscano
Annibale
La prima giornata di ritorno vede un nuovo successo del Palermo (2-0 al Perugia), mentre il Pisa viene fermato dal Catania (1-0): i siciliani passano pertanto al comando solitario della classifica con 28 punti e una gara ancora da recuperare. Nei turni seguenti il primato dei palermitani si rafforza, con Pisa, Foggia e Verona all'inseguimento. Nelle retrovie si complicano le posizioni del Messina e del Potenza, che rischiano di rimanere troppo indietro. Alla 27ª allo Stadio Flaminio durante Lazio-Livorno si susseguono incidenti in campo, con le espulsioni di Dolso (reazione violenta a un fallo di De Petrini) e Adorni (pugno a Gualtieri) dei bianco-celesti, e il lancio di oggetti dalle gradinate. Il Corriere dello Sport descrive così: «Il pubblico della curva nord ha minacciato una invasione al 13' della ripresa, bene arginata dai carabinieri. Sostenuto lancio di oggetti vari in campo fra cui numerosi ombrelli e tre palloni sequestrati dai tifosi sempre nella ripresa.» Il GS deciderà in seguito di assegnare la sconfitta a tavolino alla Lazio, che già aveva perso sul campo per 0-1.

Alla 30ª giornata il Palermo ha incrementato il suo vantaggio a 5 punti sul Pisa con una convincente vittoria per 3-0 sul Novara (doppietta di Bercellino II, peraltro contro la squadra di cui suo padre Teresio era stato una bandiera): seguono Verona e Foggia, mentre sono più defilate Livorno e Reggiana. Alla 31ª giornata emozionante 3-3 a Palermo tra i rosanero e il Monza, mentre la Reggiana vince 4-1 a Catania. La sfida d'alta classifica tra Verona e Pisa nella città scaligera vede la vittoria dei toscani grazie al gol di Piaceri. Al 32º turno (14 aprile) altra sassaiola, questa volta a Potenza: ne è vittima l'arbitro Barbaresco di Cormons, reo di essersi rifiutato di consultare il suo guardalinee su un gol in fuorigioco segnato da Gualazzini del Modena. Dopo due minuti passati sotto le pietre, Barbaresco giunge a più miti consigli, interpella il collaboratore e annulla il gol. Il Corriere dello Sport arriverà a dare addirittura 3 in pagella all'arbitro per il contegno tenuto durante questo episodio.

Alla 34ª giornata la battuta d'arresto del Palermo a Modena passa in secondo piano a causa di un altro episodio increscioso. Durante Reggina-Perugia a Reggio Calabria il giocatore perugino Luigi Polentes viene colpito alla fronte da una pietra mentre si trova all'altezza del sottopassaggio nei pressi delle curve. La Reggina contesta le dichiarazioni del centromediano e sostiene che l'abrasione riscontrata dai medici fosse derivante da un contrasto di gioco, e non da un sasso scagliato dai tifosi reggini. Polentes non rientrerà in campo e il Perugia disputerà l'intero secondo tempo in dieci: la partita finisce 1-1.

Nelle battute finali del campionato il Pisa torna a minacciare il primato del Palermo, portandosi a -2 alla 36ª giornata, ma alla 38ª i toscani perdono 2-1 a Monza mentre il Palermo osserva il turno di riposo, e perdono così la possibilità di raggiungere la capolista. Il Bari, trascinato dai gol del cannoniere Muiesan, recupera diverse posizioni e si porta al terzo posto.

Alla 39ª, il 2 giugno 1968, la tragedia più grande di questo campionato. Durante Verona-Lecco viene espulso Ranghino del Verona per fallo su Saltutti al 43' del primo tempo. L'arbitro Genel di Trieste è oggetto di pesanti contestazioni da parte del pubblico. Al fischio dell'intervallo c'è un tentativo di invasione: dalle tribune vengono lanciati vari oggetti. Uno di questi è una bottiglietta di vetro, i cui frammenti colpiscono il difensore Vinicio Facca, una vera e propria bandiera del Lecco, e lo feriscono in volto, e in modo grave all'occhio destro. Nonostante i tentativi di medicarlo all'ospedale di Borgo Trento a Verona, si renderà inevitabile la rimozione dell'occhio. Allo stadio intanto continuerà per diverse ore l'assedio dei tifosi all'ingresso, in attesa dell'uscita dell'arbitro. Facca sarà operato il 25 giugno dal professor Orzalesi a Milano, subendo l'asportazione del bulbo oculare, poiché rischiava di perdere anche l'uso dell'altro occhio: sarà costretto a ritirarsi dal calcio giocato per questo tragico episodio, una delle più nere pagine dello sport italiano.

Festeggiamenti alla Favorita per la
promozione del Palermo in Serie A
Alla 40ª il Palermo ottiene la matematica certezza della Serie A grazie alla vittoria per 1-0 sul Potenza: il gol-promozione è di Nova. Alla 41ª grandi festeggiamenti alla Favorita con relativa invasione di campo (dopo un'ulteriore vittoria, 2-0 al Catanzaro). Complicata la situazione nelle ultime posizioni. Spacciato da tempo il Potenza, e con il Novara messo peggio degli altri, un numeroso gruppo di squadre è racchiuso in un punto: alla penultima giornata il Venezia ne ha 34, mentre Genoa, Lecco, Messina e Perugia sono tutte a quota 35. Per definire la questione retrocessione è pertanto decisiva l'ultima giornata... o così parrebbe. Al 42º turno si nominano le altre due promosse in A, Verona e Pisa; ma è a fondo classifica che succede di tutto. Lo scontro diretto tra Genoa e Messina si conclude sullo 0-0; anche il Lecco (2-2 a Monza) e il Perugia (1-1 con il Bari) ottengono un punto ciascuno. Il Venezia vince in rimonta sul Modena (3-2 con gol decisivo di Lenzi a 11 minuti dalla fine) e si porta anch'esso a quota 36. Novara e Potenza sono già retrocesse: ma ci sono ben 5 squadre a pari punti. La Lega decide di organizzare un "Torneo salvezza" (detto anche "colossale spareggio" dai giornali), così strutturato: girone all'italiana, gare di sola andata a breve distanza l'una dall'altra in campo neutro. In caso di ulteriore parità, tra due o più squadre, in base al regolamento dovrà svolgersi ancora uno spareggio.

Inizia pertanto il "campionato supplementare", come viene definito dalla stampa sportiva: le sfide inaugurali sono disputate il 30 giugno: Messina-Perugia sul campo di Caserta, e Venezia-Genoa a Bergamo. Il Perugia supera agevolmente il Messina per 3-0 con doppietta di Mainardi, mentre il Genoa batte il Venezia per 2-0 (Brambilla e Petroni). Il turno seguente vede il debutto del Lecco, che pareggia a Brescia con il Venezia, mentre tra Perugia e Genoa è pareggio per 1-1. Nella terza giornata convincente successo del Genoa sul Messina per 3-0 nella partita giocata al Flaminio di Roma, mentre il Perugia supera il Lecco per 2-1. Alla quarta giornata il Lecco batte il Messina a Firenze (1-0, gol di Paganini), mentre il Venezia ottiene la sua prima vittoria con un secco 3-0 al Perugia. Nella quinta giornata si sviluppa però lo scenario più temuto: il Lecco batte il Genoa grazie ancora a Paganini, e il Venezia batte il già retrocesso Messina: quattro squadre raggiungono quindi quota 5 punti e sono... prime a parimerito. Il Messina, rimasto a 0, è quindi retrocesso in Serie C; ma le altre sono costrette a un ulteriore torneo per rimanere in Serie B.

L'autorete di Benatti durante Genoa-Messina,
nella prima fase degli spareggi
I giocatori si ribellano: Pasinato e Locatelli, rispettivamente capitani di Lecco e Genoa, chiedono... "pietà". Pasinato dichiara: «Qui stanno giocando sulla nostra pelle; i dirigenti non c'entrano. Se vogliono possono anche mandarci in serie C, ma non possiamo andare avanti di questo passo. È dallo scorso agosto che siamo impegnati ad allenarci e a giocare: non vogliamo arrivare all'esaurimento fisico e nervoso soltanto per salvarci della retrocessione» (Corriere dello Sport, 15 luglio). Locatelli viene descritto «così stanco da non sapere più intessere neanche un discorso».

Nonostante le proteste dei giocatori, logorati fisicamente e psicologicamente dagli interminabili spareggi, la Lega rimane ferma sulla sua posizione: come da regolamento, si deve proseguire. Gli appelli dei calciatori rimangono quindi inascoltati, e il 17 luglio, dopo soli tre giorni dalle ultime gare, si ritorna in campo. Il Lecco batte il Venezia per 3-0, mentre il Perugia sconfigge il Genoa con gol di Balestrieri e Montenovo. Alla seconda giornata il Genoa si riprende e supera il Venezia per 2-1 in rimonta, mentre Perugia e Lecco concludono il loro scontro a reti inviolate. Nell'ultima giornata si esaurisce la questione: è il Venezia il terzo retrocesso. Genoa e Lecco non si feriscono a vicenda e pareggiano 0-0; il Perugia invece batte il Venezia per 2-1 con un il decisivo rigore all'81' realizzato da Dugini e causato da un fallo di mano di Nanni che – forse sconvolto dalla stanchezza delle incessanti sfide – nel controllare un pallone innocuo lo tocca con le mani. Dugini tira alla sinistra di Bubacco e manda il Venezia in Serie C.

Si conclude così uno dei campionati più singolari della storia della Serie B e del calcio italiano in generale. Numerosissimi fatti lo hanno caratterizzato: le intemperanze del pubblico, gli inattesi risultati sul campo, gli spareggi interminabili e persino la tragedia di un calciatore costretto a interrompere la propria carriera e a perdere un occhio. Un campionato che riassume in sé l'alternanza di vicende che da sempre è la principale componente della serie B.

Il bilancio finale:

Promosse in Serie A: Palermo (campione), Verona e Pisa.
Retrocesse in Serie C: Novara e Potenza (al termine della stagione regolare), Messina (dopo il primo turno di spareggi), Venezia (dopo il secondo turno di spareggi).
Gol realizzati: 798 (767 durante il campionato, 31 durante gli spareggi).
Miglior attacco: Bari, 55 gol fatti (in 40 partite)
Peggior difesa: Potenza, 55 gol subiti (in 40 partite)
Capocannoniere: Lucio Muiesan (19 gol)
Giocatori più presenti: Roberto Derlin (Genoa), Giorgio Azzimonti e Giuseppe Meraviglia (Lecco), 46 presenze (39 durante il campionato regolare, 7 durante gli spareggi)

13 marzo 2017

Una riflessione

Le scuole calcio devono essere strumenti formativi non solo a livello sportivo, ma anche a livello umano. Ovviamente non devono essere surrogati di educazione e istruzione, ma devono agire in parallelo, contribuendo con insegnamenti che possono derivare solo dallo spirito sportivo.

Negli ultimi anni ho notato che anche ai bambini viene insegnata la simulazione, la protesta all'arbitro, la condotta antisportiva. Fin dagli inizi viene detto ai bambini che appena si viene toccati si deve gettarsi a terra per cercare il fischio dell'arbitro. Appena caduti si guarda il direttore di gara strabuzzando gli occhi, esigendo il fischio e la punizione all'avversario. Si rimane a terra fingendo dolori lancinanti quel tanto che basta perché l'arbitro sia persuaso a soffiare nel fischietto. Poi ci si rialza prontamente, magari proponendosi per calciare la punizione o il rigore appena ottenuti.

Non aiutano certamente i calciatori di Serie A, ormai dei veri e propri maestri nell'arte del tuffo, tanto da far invidia agli olimpionici del trampolino. Inevitabilmente i bambini si ispirano a loro come modelli di comportamento: inutile dire quanto danno facciano a uno sport nato e fondato sulla correttezza e sull'utilizzo delle abilità – individuali e di squadra – per superare gli avversari.

L'insegnamento del calcio deve partire dallo spirito sportivo. Non si devono forgiare degli atleti pronti a tutto pur di mendicare un calcio di rigore o un'espulsione di un difensore avversario. Si devono formare degli uomini di sport, con dei principî saldi e incorruttibili. Altrimenti si diviene fautori della rovina dello sport che più di ogni altro rappresenta e deve rappresentare comunione e onestà.

A. R. T.

21 dicembre 2016

Umberto Caligaris: anima e corpo

di: Andrea Ridolfi Testori

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Umberto Caligaris è uno dei più importanti difensori della storia del calcio italiano. Non a caso scrivo è, e non è stato. Il suo impatto è stato fulmineo e duraturo, la sua impronta indelebile. Il suo modo di giocare, caratterizzato da potenza, colpo d'occhio e capacità di sfidare l'avversario faccia a faccia, senza paura, influenzerà tanti difensori degli anni seguenti, che da lui trarranno ispirazione. Tra le sue virtù lo spirito indomito, l'amore sincero e purissimo per uno sport, il calcio, che nella sua forma più verace riesce a tirar fuori sentimenti autentici, franchi, di passione e di coraggio. Atleticamente era completo, dotato nella corsa (a 17 anni fu campione cittadino nei 100 metri piani), impareggiabile in elevazione (e difatti eccelleva anche nella disciplina del salto in alto) e per natura portato all'acrobazia; la sua specialità era il «rinvio a forbiciata», come descrive Vittorio Pozzo, «per cui rimaneva un istante in aria come se stesse per spiccare il volo». Non era altissimo, 1 metro e 71, ma riusciva, con tempismo e istinto, ad anticipare anche chi lo superava in altezza. La forza dei suoi rinvii, la sicurezza con cui controllava ogni situazione e la capacità di leggere le traiettorie del pallone e i movimenti degli avversari destavano una sempre rinnovata ammirazione. Caligaris compendiava in sé tutte le doti del perfetto difensore.

Un giovanissimo Caligaris
allo Sparta
Umberto Francesco Luigi Caligaris nacque a Casale Monferrato il 26 luglio 1901. Figlio di un padre cultore dello sport ed esperto nel gioco del pallone elastico, fin da piccolo visse con passione il movimento calcistico della sua città, che negli anni della sua infanzia era al massimo del proprio splendore: il Casale infatti combatteva sui campi della Prima Categoria italiana, e nel 1913-14 vinse uno scudetto che suscitò meraviglia e incontenibile gioia nella comunità piemontese, che viveva un periodo florido anche dal punto di vista dello sviluppo industriale ed economico. Proprio nel 1913, ancora giovanissimo studente, Berto (così era affettuosamente soprannominato) mosse i primi passi nello sport che sarebbe poi divenuto fondamento della sua vita. Dalle partite all'oratorio Sacro Cuore nel rione Valentino, dove inizialmente fu schierato portiere, poi centravanti e infine giunse al suo predestinato ruolo di terzino, fece parte dei fondatori dello Sparta, società di «liberi» dalla maglia bianca con striscia verde. Le attività di questa squadra furono interrotte dal primo conflitto mondiale; già nel 1917, però, si ricompose lo Sparta – con Caligaris ancora tra i fondatori insieme a diversi suoi futuri compagni nel Casale – che adottò la maglia bianca con stella nera, versione "in negativo" della divisa nerostellata che aveva infiammato i cuori dei casalesi. Fino al 1919, lo Sparta proseguì la sua attività a livello locale: poi si ricostituì il Foot Ball Club Casale, e con esso tornò la maglia nera che tanto mancava agli appassionati.

Caligaris fece il suo debutto assoluto in prima squadra il 12 ottobre 1919 contro la Valenzana. Questa la formazione casalese: Gaviorno; Scrivano, Caligaris; Bargero II, Bergante, Barbesino, Migliavacca, Siviardo, Corrado, Riccio, Bertinotti. La partita fu vinta per 3-1 e Caligaris giocò tutte le 20 partite della stagione: cambiava il compagno di reparto (talvolta Scrivano, talaltra Grosso II) ma lui rimaneva un punto fermo. Il giovane difensore, giocando terzino sinistro, iniziava a scrivere la propria leggenda, accompagnato in campo dal fazzoletto che aveva la funzione di mantenere in ordine i lisci capelli, portati piuttosto lunghi. Nel 1919, a dimostrazione ulteriore della sua serietà, conseguì il diploma di ragioneria. In campionato il Casale superò il primo turno, ma non riuscì a vincere il girone semifinale, terminando al quarto posto nel gruppo B. Nel 1920-21 ancora Caligaris sempre in campo, con diversi partner difensivi (Acuto, Bargero II, Sarasso). Una stagione di conferma del proprio valore, a riprova che quel ragazzino che tanto bene aveva giocato nella prima annata non era un fuoco di paglia. Il torneo 1920-21 fu importante anche per un episodio che fece già intuire il temperamento di Caligaris. Il 19 settembre 1920 si giocava Casale-Alessandria, incontro di Coppa Palli: Caligaris e Baloncieri si scontrarono duramente sulla linea di fondo campo, e tra i due nacque un alterco che degenerò in rissa. La partita venne sospesa e infine data vinta al Casale, dato il rifiuto dell'Alessandria di proseguire la partita. Nel 1921-22 il calcio italiano attraversava un periodo di scisma, con la creazione della C.C.I., la Confederazione Calcistica Italiana che riuniva le maggiori società dell'epoca in contrasto con la F.I.G.C. Il Casale partecipò per l'appunto al campionato organizzato dalla federazione "scissionista", ma non riuscì a brillare, concludendo al sesto posto nel girone B. Proseguiva però il momento di eccezionale forma per Caligaris, particolarmente positiva anche a livello realizzativo: il primo gol in carriera lo realizzò il 16 ottobre 1921 contro il Savona, su punizione tirata con potenza e decisione; dopo la doppietta segnata contro il Genoa il 2 aprile 1922 (il primo dei due gol su calcio di rigore), Caligaris seppe ripetersi altre 2 volte, contro Brescia (5 marzo 1922, rigore) e Internazionale (19 marzo, rigore). Il 15 gennaio 1922 ebbe l'onore di debuttare in Nazionale, a Milano contro l'Austria. Il terzino casalese affiancò niente meno che Renzo De Vecchi, il popolarissimo "Figlio di Dio" che era una vera e propria icona vivente del calcio italiano. Un'emozione che rimarrà nel cuore di Caligaris per tutta la vita.

Caligaris nei primi anni al Casale
A soli 21 anni Umberto Caligaris era già uno dei giocatori di maggior fama del Paese: era riuscito infatti, provenendo da una realtà relativamente piccola come Casale Monferrato, a ergersi tra i primi nel suo ruolo, portando nuovamente il Casale agli onori della cronaca per aver prodotto un così mirabile esempio di giocatore appassionato, ardito, capace di rappresentare a pieno lo spirito del calciatore che gioca non già per lucro, ma per limpido e incorrotto amore dello sport. Nel 1922-23 ancora una stagione da protagonista, con 22 presenze, inamovibile nella "terza linea" dei nerostellati. Nel 1923-24 le prime difficoltà: il Casale attraversava un periodo poco felice a livello economico, e Berto subì un infortunio al ginocchio che lo costrinse a saltare alcune partite. La stagione però ebbe una nota positiva: il gol segnato il 13 aprile 1924 contro l'Internazionale su calcio di punizione. A campionato finito, un altro evento di fondamentale importanza per la carriera di Caligaris: i Giochi olimpici. Incluso da Pozzo nella lista dei convocati, il terzino casalese giocò 2 partite, contro Spagna e Svizzera. Le Olimpiadi furono la prima competizione vera e propria disputata da Caligaris con la maglia azzurra, avendo fino ad allora vestito i colori della Nazionale solo in partite amichevoli. Un palcoscenico di assoluto prestigio, che confermò ulteriormente l'ascesa ai massimi livelli di Caliga (questo l'altro suo soprannome). Il 25 maggio 1924, oltre a segnare il debutto olimpico, fu una data storica per un'altra ragione: fu infatti la prima partita in cui scesero in campo, fianco a fianco, Virginio Rosetta e Umberto Caligaris. Due nomi destinati a rimanere legati per sempre.

Nel torneo 1924-25 il Casale tornò ad alti livelli, contendendo il primo posto del girone A della Lega Nord a Genoa e Modena: ancora una volta Caligaris sempre presente, stavolta affiancato dall'imponente Ticozzelli che lo sovrastava in altezza grazie al suo metro e 87. La coppia formata dai due terzini era eccezionale, una combinazione di potenza e ardore al servizio della propria squadra. I ben coordinati movimenti dei due contribuivano a dare sicurezza alle altre due linee in campo. Nel 1925-26 20 partite ad alti livelli per Caligaris, che rimaneva uno degli elementi di maggiore valore in un Casale segnato da un leggero calo di rendimento; stagione da ricordare anche per la presenza di Eraldo Monzeglio che formò un altro favoloso duo difensivo con Berto, essendo passato da centromediano a terzino. Nel 1926-27 stagione con un triplice impegno: campionato, Coppa C.O.N.I. e Coppa Italia. Il Casale seppe onorare le tre competizioni, figurando assai bene specialmente in Coppa C.O.N.I., in cui raggiunse la finale persa per un soffio con l'Alessandria. Per il campionato 1927-28 il Casale assunse la nuova denominazione di Casale XI Legione, imposta dal regime per rafforzare ancora di più l'immagine fascista della squadra nerostellata. Sorretto ancora una volta da un Caligaris solido e nel pieno delle forze, il Casale riuscì a qualificarsi per il girone finale grazie al terzo posto ottenuto nel gruppo A. Tuttavia, alla buona prestazione nella prima fase seguirono diversi risultati negativi, e i casalesi terminarono ultimi con soli 4 punti in 14 partite.

Il Trio Combi-Rosetta-Caligaris
Per Caligaris era arrivato il momento di cambiare. Da tempo ormai giungevano offerte da numerose squadre, desiderose di assicurarsi uno dei più forti terzini del panorama internazionale dell'epoca; tra queste il Torino che più volte aveva vanamente tentato l'assalto, sempre respinto dalla dirigenza del Casale. La fama di Caligaris era tale che persino il Liverpool si interessò al giocatore, ambendo a portarlo nella patria del football, dandogli la possibilità di confrontarsi con i maestri inglesi. Non furono però le sirene estere ad affascinare e conquistare Caligaris, bensì la Juventus. Nell'estate 1928 il terzino casalese si recò ad Amsterdam per partecipare alle Olimpiadi: durante tutto il torneo si comportò benissimo; con gli azzurri eliminati dalla corsa all'oro olimpico dall'Uruguay futuro vincitore, ebbe comunque modo di ricevere l'altissimo onore di una medaglia di bronzo, ottenuta grazie al clamoroso successo per 11-3 sull'Egitto nella gara conclusiva del torneo. Il 19 luglio 1928 venne concluso il passaggio dal Casale alla Juventus, dopo diversi giorni di trattative. La decisione fu accolta con rabbia dai tifosi nerostellati, che pare arrivarono a dare alle fiamme un fantoccio con le sembianze di Caliga, e gli serbarono un duraturo rancore che solo gli anni riuscirono ad attenuare. La Juventus si era così aggiudicata «il terzino più dinamico su cui conti il calcio italiano del momento attuale», come lo descrisse La Stampa. Sempre il quotidiano torinese si rivelò profetico: nella cronaca di un'amichevole settembrina con la Pro Patria scrisse «Non vi è dubbio che contro il granitico baluardo formato da lui [Caligaris], da Rosetta e da Combi, si andranno ad infrangere i più formidabili attacchi avversari». Una frase che preannunciava ciò che negli anni a seguire sarebbe diventato il terzetto difensivo più emblematico degli anni '30.

Combi, Rosetta, Caligaris. Iniziava ovviamente così la formazione dei bianco-neri il 30 settembre 1928, giorno dell'esordio di Berto con la Juventus in campionato. A Reggio Emilia è pareggio con la locale squadra granata, 2-2. La linea difensiva non ebbe però demeriti, e i due terzini Rosetta e Caligaris misero in mostra interventi precisi, cui del resto avevano abituato già in maglia azzurra. Il primo torneo disputato a Torino da Caligaris fu positivo: brillante la prestazione con il secondo posto nel girone B (e con essa ottenuta la partecipazione alla Serie A a girone unico prevista per l'anno seguente), e vittoria nello spareggio per la qualificazione alla Coppa dell'Europa Centrale, la competizione europea per club che vedeva affrontarsi le migliori compagini del continente. Il debutto a livello internazionale con la maglia juventina avvenne il 23 giugno 1929 contro lo Slavia Praga al campo di  Corso Marsiglia. Tenendo fede alla sua reputazione, per nulla intimorito dagli avversari Caligaris fu «impetuoso e audace», agendo da "terzino volante". Il 6 ottobre 1929 Caligaris entrò nella storia del campionato di Serie A insieme ai suoi compagni, partecipando alla prima giornata del neonato torneo a girone unico. Un'avvincente sfida contro il Napoli, terminata con la vittoria bianco-nera per 3-2, è la prima gara della Juventus nella moderna Serie A. Caligaris aveva un rapporto controverso con l'allenatore William Aitken, che sottoponeva l'intera rosa ad allenamenti molto impegnativi dal punto di vista fisico e aveva idee molto precise sullo schieramento tattico, essendo sostenitore del "sistema". Caliga era sempre pronto al massimo impegno fisico, ma aveva alcune riserve sui compiti che Aitken voleva assegnargli, specialmente nel gioco senza palla. Per lui infatti la conquista del pallone era l'essenza stessa del gioco, l'assoluta e irrinunciabile priorità, e rinunciarvi anche solo per breve tempo gli pareva un sacrificio troppo grande. Conclusa la stagione 1929-30 con un buon terzo posto, alla Juventus arrivò Carlo Carcano.

La stagione 1930-31 fu tra le più positive in assoluto per Caligaris. Confermato come inamovibile pedina dello schieramento juventino, giocò un campionato ad altissimi livelli, sempre presente (34 partite giocate in Serie A, 3 in Coppa dell'Europa Centrale), e soprattutto vinse il suo primo scudetto. Una gioia infinita per chi, come lui, giocava per la gloria sportiva. L'intesa con Combi e Rosetta era ormai cementata, la sua fama era all'apice, e giungevano riconoscimenti anche fuori dal campo sportivo: il 28 ottobre 1930, infatti, fu insignito del titolo di Cavaliere della Corona d'Italia. Inizialmente incredulo, Caligaris fu ben presto sopraffatto dalla felicità di aver ricevuto il meritato premio, un encomio dovuto che il mondo del calcio italiano tributò a uno dei suoi più fulgidi simboli. Il campionato 1931-32 fu più difficoltoso per Caligaris. Solo 12 partite, infatti, e una stagione gravata da un serio infortunio subìto il 18 ottobre 1931 a Roma contro i giallo-rossi: un duro scontro con De Micheli alla mezz'ora di gioco costrinse il difensore juventino a ritirarsi dal campo, impossibilitato a proseguire la contesa. Non rientrerà per quasi 6 mesi, tornando in campo il 17 aprile 1932 a Torino contro la Triestina. Pur con sole 12 presenze, Berto contribuì al secondo scudetto consecutivo della forte compagine torinese. Il successivo torneo 1932-33 lo vide tornare protagonista a tutti gli effetti, con 32 partite su 34, e un altro scudetto vinto da prim'attore. Dopo una lunga assenza dalla Nazionale durata quasi 2 anni (dal 20 maggio 1931 al 2 aprile 1933), Caligaris vestì nuovamente la maglia azzurra, prendendo così parte alla sua terza edizione della Coppa Internazionale, la competizione per squadre nazionali che vedeva duellare le migliori rappresentative europee per il primato continentale.

Caligaris in maglia azzurra
Il campionato 1933-34 era la porta al Campionato del Mondo, atteso con speranza da Caligaris che aveva un incondizionato amore per i colori patrî, e desiderava difenderli nella più importante manifestazione calcistica mondiale, che per di più doveva tenersi proprio in Italia. Il terzino casalese mise tutto il suo impegno, pur iniziando a sentire il peso degli anni che erano quasi 33 (a quell'epoca, un'età ragguardevole per un calciatore). 33 furono anche le presenze in quell'edizione della Serie A, conclusa con un'altra vittoria, la quarta consecutiva di un'epoca d'oro per la Juventus. Caligaris fu convocato per la Coppa del Mondo, ma non giocò alcun incontro. Il commissario tecnico Pozzo gli preferì Allemandi, che affiancò a volte Rosetta e a volte Monzeglio nella linea difensiva dell'Italia. Alla fine fu apoteosi, e vittoria italiana: sicuramente Berto avrebbe preferito viverla in campo, combattendo ogni battaglia centimetro su centimetro; ma ciò non sminuisce certo l'eccezionale carriera di Caligaris in Nazionale, di cui fu 16 volte capitano incarnando l'indomito spirito dei calciatori italiani. Altro rimpianto del casalese il non aver raggiunto la cifra tonda di 60 partite in azzurro: ma Pozzo volle mantenere sempre il suo principio di non cedere mai a favoritismi o simpatie nella selezione dei giocatori. L'ultima partita di Caligaris in Nazionale fu quella con l'Austria giocata l'11 febbraio 1934: la sua carriera internazionale quindi finì come era cominciata, con una gara contro gli austriaci.

Nel 1934-35 l'avanzata età di Caliga lo pose ai margini della rosa juventina, con alle sue spalle Alfredo Foni destinato a prenderne il posto. Furono le ultime 11 partite in Serie A con la livrea bianco-nera, e il quinto scudetto fu il coronamento ideale di una carriera ai massimi livelli, caratterizzata da entusiasmanti vittorie. 178 presenze in A e 5 scudetti vinti ne fanno un indiscusso simbolo della storia juventina, tra i più rappresentativi del cosiddetto "Quinquennio d'oro". Caligaris sentiva nascere in sé il desiderio di vestire i panni dell'allenatore, ma non intendeva ancora rinunciare al campo. Gli offrì questa possibilità il Brescia, che lo ingaggiò nel doppio incarico di giocatore e allenatore. La naturale passione e lo spirito indomito del casalese inizialmente facevano ben sperare i sostenitori della compagine lombarda; e tuttavia, la prima annata (1935-36) fu negativa. Nonostante il buon inizio con la vittoria per 1-0 sull'Ambrosiana, le "rondinelle" non riuscirono a superare le numerose difficoltà presentate da un campionato assai selezionato (solo 16 squadre) e con valori al di sopra delle possibilità bianco-azzurre. Caligaris giocò quasi sempre titolare, affiancandosi Tamietti come terzino destro; e tuttavia, tutto l'impegno di giocatori e tecnico non fu sufficiente, e il Brescia chiuse all'ultimo posto in campionato, retrocedendo in Serie B.

Alle difficoltà sui campi di gioco seguì un periodo assai negativo per la sua vita, costantemente messa in pericolo da svariate malattie che non solo gli impedirono di allenare e giocare a calcio, ma lo costrinsero anche a più di un intervento chirurgico, uno dei quali lo lasciò con due costole in meno, asportategli per necessità mediche. Iniziata la stagione 1936-37 ancora a Brescia, giocò 13 partite prima di ammalarsi di setticemia, vedendosi costretto a farsi ricoverare in ospedale preda di forti attacchi febbrili nel marzo 1937. L'ultima gara l'aveva disputata il 14 febbraio a Livorno. Nel giugno 1937, reduce dalla malattia che, come detto, aveva richiesto tutte le sue forze per essere sconfitta, lasciò il Brescia, dovendosi ritirare per una lunga convalescenza necessaria a recuperare le forze. Trovandosi perciò impossibilitato a proseguire l'incarico di allenatore del Brescia, dovette prendersi una pausa – impresa sicuramente durissima per uno come lui, abituato all'incessante e fervente attività.

Una delle ultime immagini
di Caligaris
Riuscì a riprendersi e a tornare al lavoro, stavolta a Lucca sulla panchina della Libertas. Subentrò difatti a Erbstein alla 18ª giornata, riuscendo a salvare i rosso-neri dalla retrocessione in Serie B. L'anno seguente si trasferì a Modena, formazione neopromossa dalla B in cerca della salvezza. Caligaris riuscì nell'impresa, ottenendo il 13º posto in classifica nella stagione 1938-39. I discreti risultati sembravano preludere a una carriera in ascesa per Berto, che nel 1939 fu chiamato ad allenare la squadra che lo aveva visto trionfatore sui campi di gioco. Alla Juventus ritrovò, curiosamente, Carlo Buscaglia che nel 1927-28 era stato suo compagno al Casale, ed era stato anch'egli uno dei giocatori "emigrati" dal Monferrato verso altre squadre di maggiore levatura. Alla guida dei bianco-neri Caligaris seppe ben motivare i suoi giocatori, tutti di primissimo piano, e riuscì a ottenere un terzo posto che, considerata la relativa poca esperienza ad alti livelli come allenatore, era un ottimo risultato, tanto che la dirigenza decise di riconfermarlo anche per la stagione 1940-41.

Veniamo ora alla fine della storia terrena di Caligaris; ed è una fine che è perfettamente coerente con tutta la vita del calciatore e dell'uomo Umberto Caligaris: nel suo caso, le due figure coincidono perfettamente. Il 19 ottobre del 1940 venne organizzata una partita tra alcune vecchie glorie juventine e la squadra del Taurinia. La partita era puramente amichevole, una gara a scopo dimostrativo che intendeva riportare sul campo da gioco alcuni simboli della passata gloria bianco-nera. Dopo un lauto banchetto celebrativo, iniziò la contesa. Per l'ultima volta Combi, Rosetta, Caligaris. Dopo soli dieci minuti, Caligaris richiamò l'attenzione di Combi, dicendogli di sentirsi male. Uscito dal campo, si sentì mancare e dovette essere soccorso e trasportato d'urgenza all'ospedale militare, il più vicino. Inizialmente sveglio, Caligaris presto divenne incosciente e si ricorse, come ultimo tentativo di salvataggio, a un'iniezione d'adrenalina. Fu però vana: in presenza della moglie e della figlia, Caligaris morì per aneurisma alle 17:58 del 19 ottobre 1940. La salma fu portata nella casa di via Romolo Gessi, 6. I funerali, che videro vasta e accorata partecipazione, si svolsero tra Torino e Casale Monferrato il 21 ottobre. La perdita di Caligaris causò commozione e dolore in tutto il mondo del calcio, e la famiglia ricevette numerose manifestazioni di vicinanza e cordoglio da ogni parte. Ovunque fosse passato, Caligaris aveva lasciato di sé un ricordo di uomo integro, animato da una passione inestinguibile che aveva riempito ogni giorno della sua vita. La sua storia fornì da esempio per molti giovani che si avvicinavano al calcio; e ancor oggi raccontarla mette in contatto con la vera essenza dello sport, che non è mai solo movimento meccanico ma forza morale, spirito, cuore e ardimento.

Il 25 settembre 1971 Giacinto Facchetti raggiunse la 60ª presenza in maglia azzurra e superò Caligaris. Il destino volle che a farlo fosse un altro terzino sinistro indimenticabile, come a voler continuare una storia iniziata molti anni prima, e destinata a non finire mai.

Mi pare ideale, per concludere questa breve biografia di un campione assoluto come Caligaris, questa frase riportata da La Stampa nel 1930, in occasione della sua nomina a Cavaliere:

«Caligaris non ha bisogno di veder citate oggi le sue imprese più belle, poiché sempre unendo tecnica e cuore, combattività e ardore, brillò in campo come un dominatore, come un uomo dal quale i giovani potevano apprendere molto».

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Per la stesura della presente biografia sono stati consultati i seguenti testi:

Libri:
Autori vari, Enciclopedia dello sport – Calcio, 2002.
Marco Aimo, Firmamento nerostellato. I primi 90 anni del Casale Calcio, 1998.
Marco Aimo, Neri... neri... quel grido che mette i brividi dentro, 2000.
Gino Bacci, Storia del calcio italiano, 2006.
Vladimiro Caminiti, Juventus Juventus. Dizionario storico romantico dei bianconeri, 1977.
Giancarlo Ramezzana e Roberto Cassani, Un secolo nerostellato: 1909-2009, 2009.

Quotidiani e periodici:
Il Littoriale;
La Stampa.

15 dicembre 2016

La Divisione Nazionale serie B nel rinnovato quadro del campionato italiano



Articolo pubblicato su La Gazzetta dello Sport nell'ottobre 1929, pochi giorni prima dell'inizio del primo campionato di Serie B (1929-30).

Di: Erberto Levi*

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Si combatterà, negli alti ranghi del campionato, su di un solo fronte. Diciotto «vedette», diciotto «aggregati» raggruppati in due categorie, daranno quest’anno la scalata, per otto lunghi mesi, ad un unico posto, il primo, quello che deciderà definitivamente del titolo.
Siamo alla formula fondamentale che si attendeva da tempo: che, applicata in Inghilterra, culla dell’Association, consente un ritmo più spedito alla contesa, una selezione più limpida e più netta, una più chiara e precisa gradazione dei valori.
La necessità di questo cambiamento radicale era sentita: si sente e si spera ora di essere sulla strada migliore per mantenere fresco e vitale questo nostro sport che si è affermato conquistandosi un posto invidiabile nell’Europa e nel mondo e che chiede oggi appunto una possibilità di maggiore e più tranquillo respiro per non logorarsi e perdere estro e colore.
L’avveduto provvedimento delle Gerarchie porta dunque oggi il calcio italiano ad una svolta decisa che potrà sboccare nella direzione esatta verso il suo definitivo risanamento. Per questo anno siamo ancora nel fervore della sistemazione. Il numero ed i meriti delle compagini sulla breccia, a campionato 1928-29 ultimato, hanno portato come conseguenza la formazione attuale del girone unico comprendente ben diciotto titolari, numero che comporta necessariamente 34 domeniche effettive di campionato.
Ma, a prescindere da ogni questione circa la lunghezza della nostra imminente competizione nazionale (sul tema si è già molto a lungo parlato e non ci vogliamo quindi ripetere qui) un altro aspetto interessantissimo presenta, a nostro avviso, il torneo che prenderà il «via» domenica prossima.
Diciotto squadre: numero grande, senza dubbio, volendo tener in considerazione, per un buon svolgimento della gara, il fattore «equilibro di forze in campo». La divisione nazionale A sarà forse infatti ancora costretta, per quest’anno, a regalare alle folle avide di bella battaglia, parecchie e parecchie partite in cui un colosso avrà carta facile contro una compagine di media levatura. È inevitabile, dato che non possediamo in Italia un numero così considerevole di squadroni attrezzati a prova di ferro e capaci di lottare fra loro sulla stessa linea e con le stesse possibilità.

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Per trovare una bilancia più stabile, dobbiamo dunque scendere un pochino più in giù, in casa degli aspiranti di Serie B. Se nei ranghi della nazionale A ci sono i giganti già preparati fin dalla vigilia a fare, presto o tardi, il boccone più grosso, nel gradino sottostante mancano assolutamente i dati matematici ed indistruttibili per divider la schiera in vari scaglioni di diverso valore tecnico e diverso rendimento.
Entriamo, senza eccezioni, nella provincia, tra le società che tentano la formazione della squadra cogli elementi locali, allevando i giovani e tendendo per quanto è possibile ad alimentare le file di fresche e volonterose energie piuttosto che ricorrere al troppo dispendioso metodo delle importazioni.
Con la forza assorbente sempre maggiore dei grandi clubs e la conseguente emigrazione continua dei giocatori, dal seno delle società meno rinomate, convergenti verso la grande città, il fenomeno accennato va accentuandosi ed acquistando un suo tono sempre più caratteristico, nei centri minori, tra le squadre assegnate alle categorie sottoposte, e questo a cominciare dalla Nazionale B, e giù giù, in proporzioni naturalmente sempre maggiori, fino alle varie divisioni inferiori.
Ne viene una conseguenza naturale: dagli inevitabili squilibri della massima categoria (conseguenza appunto della diversa possibilità importatrice delle squadre concorrenti) si passa, scendendo di un piano, ad un gruppo di squadre che, per adottare tutte, o quasi, un sistema uguale, nella composizione delle proprie rappresentative, permettono di avere uno stile ed un metodo simile di gioco e di offrire quindi una serie di gare coi caratteri del massimo ardore, della massima combattività, di un sensibilissimo equilibrio.

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La Divisione Nazionale B parte quest’anno con queste premesse.
Gli attori? Il nucleo di retroguardia dei due gironi massimi dell’anno passato, più le promosse della prima divisione.
Basta ripensare al comportamento di queste compagini durante la passata stagione, per rendersi conto, con facile intuizione, dell’interesse tutto particolare che vorrà senza dubbio fornire questo prossimo torneo.
I nomi non dovrebbero aver bisogno di illustrazioni: Novara, Casale, Legnano, attori di cento battaglie ardentissime nei maggiori campionati di pochi anni addietro, si ritroveranno sul terreno a ranghi completamente rinnovati, con un nucleo di ragazzi di null’altro desiderosi che di saper emulare i famosi predecessori e con qualche uomo ancora della vecchia guardia, alfiere generoso e tenace, capace di coordinare le fila sguscianti e di guidare il manipolo. C’è da giurare che il torneo avrà in queste tre squadre, vivacissimi, gagliardi animatori. Se le compagini contano ora soltanto delle reclute generose, il nome è tuttora fulgido e risonante: ed il nome è la bandiera da difendere, è la guida, è la forza.
Sulla stessa linea devono esser messi il Verona e la Reggiana, sulla stessa linea la Dominante, giovane nel suo nuovo stemma, ma derivazione di due squadre anziane e provate che le hanno trasfusa la loro volontà ed il loro orgoglio. Rinnovata e forte la squadre ligure ha tutti i numeri per figurare da gran signora nell’imminente, nuova contesa. D’altra parte l’undici si presenta quest’anno con tutti i suoi elementi dell’anno passato ed, in più, con qualche prezioso acquisto. Un tutto organico e promettentissimo. C’è chi parla dei neri come di probabili vessilliferi del gruppo!
Fiumana, Venezia, Biellese, Prato, Bari, Pistoiese formano la schiera più giovane, degli arrivati da poco. Ma quanta volontà, quanto fresco entusiasmo!
Salite su ai fastigi maggiori, di fronte ad avversari anziani, provati ai più difficili incontri, queste giovani elette non hanno piegato la testa. Le abbiamo vedute, l’anno passato, inferiori in linea tecnica, ma inesauribili di coraggio, di volontà, di abnegazione. La Fiumana che prima degli infortuni del girone di ritorno si permetteva il lusso di fermare una Pro Vercelli, una Cremonese, un Genova; il Prato, capace di battere nettamente un’Alessandria e di pareggiare con la Roma; il Venezia, che riusciva addirittura a pareggiare con i bianco-neri iuventini; la Biellese, giunta sulla soglia dell’ottavo posto, dopo un comportamento coraggiosissimo e veramente significativo, e via tutte le altre squadre che tutte sè stesse hanno dato per compensare con la generosità nella lotta la inevitabile inferiorità di stile.
Oggi, tuttora con un pugno di giovanissimi desiderosi di ben figurare, questi undici vorranno combattere il nuovo campionato, in una compagine più adeguata alle loro forze, ed in grado quindi di poter meglio figurare. Chi può dire quante sorprese dovranno scaturire, durante il corso del campionato, per opera di queste squadre gagliarde e sbarazzine?
Ed ecco gli ultimi venuti: Spezia, Parma, Monfalcone, Lecce: i vincitori dei rispettivi gironi di prima divisione, nel torneo 28-29. Gironi infernali, in cui non c’era squadra che cedesse terreno, non squadra rassegnata mai alla sconfitta; in cui la rivalità dava nuova esca all’ardore ed al brio indiavolato; dove ogni settimana si registravano regolarmente risultati e risultati da far strabiliare. L’aver saputo arrivare, attraverso a tutte le peripezie ed a tutti gli inciampi al primato, costituisce per le neo-elette titolo che vale più di ogni panegirico. Le gloriose promosse, entrano nella nuova categoria con i segni di un’esperienza maturata attraverso a cento partite infuocate nei ranghi inferiori. Cuore e fiato non devono mancare di certo: s’offre loro la occasione d’affinare il sistema e di temprare le forze nella nuova difficile prova che le attende.

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Queste le «diciotto» della serie B che inizieranno domenica il cammino: diciotto squadre che chiedono la vittoria alla scapigliata energia, all’azione sbrigliata e veloce, alla resistenza ferrea che i giovani promettono. Ponderare le possibilità, soppesare i presumibili valori, dire una parola che potesse avere una parvenza di previsione, anche la più generica, sarebbe volersi buttare a capo fitto nel buio.
Le «diciotto» aspiranti partono su uno stesso piano, su una stessa linea: non ci sono favoriti. Questo, a nostro avviso, costituisce l’interesse precipuo del torneo.
Si può esser certi che tutti hanno sete ardente di arrivare, di ben figurare; ci sono dei ragazzi che vorranno buttar l’animo nella gara ardente per i colori del club. Nessuno si erge gigante, nessuno ha da farsi pigmeo.
Da pari a pari; alla battaglia non mancherà colore, non mancherà bellezza.

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* n. Savigliano (CN), 09.10.1908 - m. New York City, USA, 10.10.1971. Tra i migliori giornalisti sportivi italiani della sua epoca, scrisse per la Gazzetta dello Sport, La Domenica Sportiva, Calcio Illustrato, Il Littoriale e fu autore di una biografia su Virginio Rosetta (Viri, 1935). Nato a Savigliano, Levi si trasferì a Milano per compiere gli studi universitari, laureandosi in giurisprudenza nel 1930; in seguito si laureò anche in giornalismo presso l'Università di Perugia nel 1932. Divenuto giornalista sportivo, dovette lasciare l'Italia in seguito al varo delle leggi razziali fasciste ed emigrò negli Stati Uniti accompagnato dalla madre Stella Foa Levi (n. 1880). Secondo i registri della Ellis Island Foundation, il suo nome completo era Giacobbe Erberto Minetto Levi e giunse negli Stati Uniti il 5 giugno 1939 a bordo della nave American Farmer, essendo partito da Londra dove aveva brevemente risieduto una volta lasciata Milano. Giunto negli Stati Uniti, fece richiesta di cittadinanza e di cambiare il proprio nome in Erberto Levi Landi. Negli Stati Uniti 
divenne una nota "voce" radiofonica, lavorando per numerose emittenti quali WCNW, WBNX, WHOM e WOV, nonché per la NBC per cui lavorò dal 1943 al 1948. Fu anche impresario teatrale, appassionato promotore di cantanti e musicisti e importante esponente della comunità italiana nella città di New York. Nel 1946 divenne cittadino americano. Morì nelle prime ore del 10 ottobre 1971 all'ospedale di St. Clare's, a Manhattan, dopo una breve malattia. Qui un approfondimento biografico su Levi.

9 settembre 2016

I portieri goleador della Serie B

Un portiere che segna un gol è certo evento di eccezionale rarità. Benché la storia del calcio abbia visto diversi estremi difensori cimentarsi nell'arte del gol, e alcuni eletti della schiera ne abbiano fatto consuetudine (è il caso di portieri abili rigoristi e raffinati tiratori di calci di punizione), non si può certo dire che segnare rientri nei compiti del portiere, che per sua natura è chiamato a difendere la propria porta, piuttosto che a violare quella degli avversari.

Nella storia della Serie B, solo 5 portieri sono riusciti a segnare almeno un gol. 3 di loro ci sono riusciti più di una volta (ma mai nessuno in più di una stagione), tutti su rigore fuorché uno, il primo di tutti, Vittore Martini. Curiosamente, di questi 5 portieri ben 3 vengono dalla Lombardia; gli altri due sono uno umbro e l'altro straniero (argentino). Vediamoli tutti, uno per uno, ciascuno con la propria storia. Per ognuno indico la data dei gol, il minuto, la modalità e il portiere avversario battuto.


MARTINI Vittore - Savona 1940-41 - 2

(Milano*, 22.04.1912 – Milano, 17.01.1993)

Il primo gol di un portiere in Serie B non poteva che essere fuori dall'ordinario, un gol davvero incredibile. Le cronache dell'epoca lo riportano come un fatto assolutamente unico, inedito sui campi delle categorie di alto livello. A testimonianza vivissima di un avvenimento tanto insolito, l'articolo di giornale pubblicato da Il Telegrafo il 23 dicembre 1940. Così scrive Mario Guarducci nel paragrafo "Storia di una rete eccezionale":

«Su una discesa senese il portiere del Savona intercetta il pallone e lo rinvia. La sfera, sospinta dal vento, oltrepassa i due terzi del campo, balza in terra inseguita da un giocatore ligure, Ferrara, affiancato dai terzini toscani. Il balzo è lungo e si capisce subito che, prima dei tre, arriverà sulla palla Erbinovi che gli si è fatto precipitosamente incontro. Infatti ecco che il pallone giunge al portiere senese, ma, inspiegabilmente, sfugge al tentativo di presa, gli passa tra le gambe e compie indisturbato gli ultimi dieci metri che ancora mancano per oltrepassare la linea fatale, che varca, lemme lemme, tra la stupefazione di tutti i giuocatori e la incontenibile ilarità del pubblico. Poiché non si può parlare di autorete di Erbinovi, in quanto, altrimenti tutte le volte che i portieri non riescono a fermare la palla, il punto segnato non potrebbe mai essere attribuito all'avversario che glie l'ha lanciata contro, è evidente che il marcatore di questa fantomatica rete deve essere individuato in Martini, guardiano della porta savonese.»

Da porta a porta, quindi! Un gol doppiamente storico, dapprima perché segnato da un portiere, e poi perché segnato da un confine all'altro del campo di gioco. Sicuramente una data memorabile per il campionato di Serie B.
Martini segnò anche un'altra rete in quel torneo, all'ultima giornata contro l'Alessandria, superando il collega Roggero. In carriera non fu autore di nessun altro gol (stando alle informazioni attualmente reperibili).

I GOL

22.12.1940, 11ª: Savona-Siena 2-0 (89') - Erbinovi
01.06.1941, 34ª: Alessandria-Savona 2-2 (82' rig.) - Roggero

BANDINI Giampiero - Triestina 1957-58 - 2
(Terni, 19.01.1935 – Monfalcone, 23.02.2008)

Passano ben 17 anni dai gol di Martini prima che qualche portiere riesca a imitarne le gesta. Giampiero Bandini, nativo di Terni e con alle spalle diverse stagioni in squadre del centro Italia, era arrivato alla Triestina nella stagione 1956-57. Nel 1957 segnò per 2 volte, e possiede altrettanti primati: quello di unico portiere a segnare in una giornata inaugurale di una stagione (mentre tutti gli altri realizzano le proprie reti a metà o fine campionato), e quello di essere stato l'unico marcatore di una partita (Triestina-Marzotto Valdagno 1-0, decisa dal suo rigore). Dopo 4 anni a Trieste tornò nel centro Italia per chiudere la carriera professionistica, ma più avanti si stabilì a Monfalcone, dove la sua vita si concluse nel 2008.

I GOL

15.09.1957, 1ª: Palermo-Triestina 3-2 (80' rig.) - Angelini
13.10.1957, 5ª: Triestina-Marzotto Valdagno 1-0 (72' rig.) - Anzolin

RIGAMONTI Antonio - Como 1973-74 - 3
(Carate Brianza, 05.04.1949)

Uno dei pochi portieri-goleador del calcio italiano: a differenza degli altri si abituerà a duellare con i colleghi dal dischetto. La sua carriera di realizzatore si aprì proprio in Serie B. Rigamonti è il primatista assoluto di gol segnati da portieri in B: 3, tutti nel girone di ritorno del campionato 1973-74. L'estremo difensore brianzolo si affermò proprio durante il suo periodo al Como, arrivando a vestire la maglia del Milan (come Martini, tra l'altro).

I GOL
10.03.1974, 24ª: Novara-Como 2-2 (36' rig.) - Pinotti
14.04.1974, 29ª: Como-Parma 2-0 (16' rig.) - Bertoni
02.06.1974, 36ª: Como-Perugia 3-2 (42' rig.) - Mattolini

BRIVIO Pierluigi - Venezia 2000-01 - 1
(Milano, 21.05.1969)

Un considerevole salto in avanti nel tempo ci porta da Rigamonti a Brivio. Il numero 1 milanese segnò su rigore all'ultima giornata il gol del provvisorio pareggio per 1-1 contro l'Empoli (la partita si chiuse poi sul 2-2). Quello di Brivio è il classico caso in cui al portiere, a campionato già praticamente finito, viene concessa la libertà di vestire i panni del realizzatore.

IL GOL

10.06.2001, 38ª: Venezia-Empoli 2-2 (20' rig.) - Bini

CEJAS Christian** Sebastián - Ascoli 2002-03 - 1
(Gualeguay (ARG), 21.04.1975)

Solo due stagioni separano Brivio e Cejas, l'ultimo della lista. L'argentino aveva già segnato diversi rigori in patria, con la maglia del Newell's Old Boys, e durante Ascoli-Catania si prese la non indifferente responsabilità di tirare il calcio di rigore che deciderà il risultato di 2-1 a favore della sua squadra.

IL GOL

05.04.2003, 29ª: Ascoli-Catania 2-1 (64' rig.) - Castellazzi

LA CLASSIFICA

1. RIGAMONTI    3
2. BANDINI    2
2. MARTINI    2
4. BRIVIO    1
5. CEJAS    1

APPENDICE

Ovviamente, come sempre nel corso della storia di Serie B, non mancano i casi particolari. Negli anni pioneristici il confine tra i ruoli era piuttosto labile; man mano che il movimento calcistico italiano progrediva, i giocatori si specializzavano sempre di più, ma negli anni '30 erano ancora possibili alcune eccezioni. Mario Losi della Dominante 1929-30 e Remo Cossio dell'Udinese 1931-32 giocarono sia come portieri che come attaccanti. Losi giocò 3 partite da portiere e 8 da giocatore di movimento, mentre Cossio difese i pali 3 volte e le restanti 6 partite che giocò le passò a correre in campo. Nessuno dei due segnò dei gol in quella stagione, mancando di poco un appuntamento con la storia delle innumerevoli curiosità della Serie B. A segnare invece, e molto, fu Natale Dossena, che nella stagione 1930-31 fu tra i protagonisti della Cremonese in attacco, e vestì anche la divisa del portiere, benché in una sola occasione. Per l'improvvisa influenza che colpì il titolare Desti, Dossena fu chiamato tra i pali il 5 ottobre 1930 a Monfalcone contro la squadra di casa: nonostante la buona volontà, citano le cronache dell'epoca, non poté evitare di subire 2 gol che segnarono la sconfitta della sua squadra.
Aggiunta del 1º novembre 2024:
Nel corso delle ricerche storiche sul campionato di Serie B 1947-48 è emerso un altro avvenimento degno di nota: al 66º minuto della partita Suzzara-SPAL, il portiere della SPAL Brandolin sbagliò un calcio di rigore, tirando sopra la traversa (portiere avversario: Mari). Si tratta della prima volta nella storia della Serie B in cui un portiere sbaglia un rigore.

NOTE

*Nonostante alcune fonti riportino come luogo di nascita Mazzo Milanese, attuale frazione di Rho, sia le Agendine Barlassina che l'Agenzia delle Entrate riportano il luogo di nascita Milano, confermato dalla verifica del codice fiscale.
**Da verifiche presso i database anagrafici argentini, il nome risulta scritto Christian e non Cristian. Confermato dalla verifica dei dati con l'Agenzia delle Entrate.