28 dicembre 2012

Parole mal tradotte: professional


Inauguro la rubrica "Parole mal tradotte", che tratterà di alcune parole (in prevalenza provenienti dalla lingua inglese) che sono abitualmente tradotte male in italiano. Se sentite qualche frase tradotta che suona strana al vostro orecchio e vi sembra poco "italiana", probabilmente contiene una delle "parole mal tradotte".

Professional

La parola "professional" può essere considerata un esempio di "falso amico", poiché la sua grafia può trarre in inganno (un altro classico esempio è il sostantivo "consistent", che significa "coerente" ma sembra "consistente"). Quando gli italiani leggono "professional", pensano subito alla parola italiana "professionale"; e tuttavia, questa traduzione risulterebbe inesatta in buona parte dei casi. Analizziamo perché.

Definizione di "professional":
(traduco direttamente dal dizionario d'inglese di A.S. Hornby)

agg.: 1 - [...] professional men: professionisti (dottori, avvocati...) 2 - fare o praticare qualcosa quale occupazione a tempo pieno o dietro pagamento, o per guadagnare (contrario di dilettante).

sost. 1 - persona che insegna o pratica un certo tipo di sport per soldi; 2 - persona che fa qualcosa dietro retribuzione, quando alcuni la fanno per diletto, non retribuiti (es. professional musicians, musicisti professionisti).

le definizioni sopra citate tracciano dunque il profilo che corrisponde alla parola "professionista" in italiano. Andiamo adesso a confrontare le definizioni dei due traducenti più utilizzati, vale a dire "professionale" e "professionista".

Definizione di "professionale"
(dal Devoto-Oli 1971)

Relativo alla professione; avente carattere di professione.

Definizione di "professionista"

Chi esercita professionalmente un'attività intellettuale; atleta che pratica uno sport a livello professionale.


Confrontando le definizioni italiane, tra le due "professionista" appare più affine alle definizioni dell'inglese "professional" che emergono dal dizionario. Pensate inoltre a quanto sia strano sentire "un calciatore professionale" per intendere "un calciatore che viene pagato per giocare a calcio": l'italiano vorrebbe "un calciatore professionista", laddove "professionale" indica invece l'aderenza ai comportamenti richiesti dalla professione ("è molto professionale" significa appunto "è una persona che segue con serietà i dettami e l'etica della propria professione"). Se dico "un calciatore professionale" sottintendo che sia una persona seria e ligia ai propri doveri di persona retribuita; se dico "un calciatore professionista" intendo solamente che quella persona è pagata per svolgere un'attività, senza ulteriori sfumature riguardanti il suo comportamento.

In conclusione, mi parrebbe giusto dire che, benché "professional" voglia talvolta significare "professionale" (nel solo senso di "attinente alla professione", non di "persona che svolge con serietà il proprio compito"), sia più spesso da tradurre con "professionista" o "professionistico" (a seconda della funzione di sostantivo o aggettivo che la parola svolge), per maggiore fedeltà al significato originario della parola nella lingua inglese.

23 dicembre 2012

Le migliori traduzioni che io abbia mai letto


Nel post precedente ho scritto delle peggiori traduzioni che ho avuto la sventura di subire. Di seguito elenco invece le migliori che ho avuto la fortuna di godermi. Le lingue interessate sono inglese, tedesco, francese e portoghese.



7) Un ragazzo, di Nick Hornby, traduzione di Federica Pedrotti.

Traduzione precisa e pienamente rispettosa del ritmo sintattico dell'inglese di Hornby, con azzeccate scelte lessicali. Vado a memoria, ma direi zero errori.


6) Change, di Paul Watzlawick et al., traduzione di Massimo Ferretti.

Ferretti era un bravo poeta e romanziere: la sua traduzione del libro "Change", un volumetto di psicologia, è sorprendente per precisione espressiva, sense of humour e capacità di rendere in italiano alcune difficili espressioni tipiche dell'inglese. Per intenderci, non viene mai da chiedersi «ma come sarà l'originale inglese?», perché in italiano torna sempre tutto. Zero ambiguità, zero incertezze, di piacevole lettura.


5) Tipi psicologici, di Carl G. Jung, traduzione di Cesare L. Musatti e Luigi Aurigemma.

Oltre alla grande precisione terminologica, dovuta al fatto che i due traduttori erano anche psicanalisti, sorprende di questa traduzione l'eleganza e la nautralezza dello scritto, più propria a una opera letteraria che a una medico-scientifica. Ottimo lavoro in collaborazione dei due autori della traduzione, capaci di stare fedeli al testo tedesco sapendone mantenere lo stile, a tratti altamente letterario, e i contenuti.


4) Opinioni di un clown, di Heinrich Böll, traduzione di Amina Pandolfi.

Amina Pandolfi è stata un'abilissima traduttrice dal tedesco, capace di rendere alla perfezione il sentimento delle pagine che traduceva. Opinioni di un clown è un ottimo libro da leggere in italiano soprattutto grazie a lei. L'umorismo di Böll e le sue scelte lessicali e sintattiche sono state rispettate con grande perizia da Pandolfi, che ha saputo muoversi bene all'interno del tedesco di Böll, utilizzando l'italiano giusto per ogni situazione. Com'era del resto sua abitudine.


3) I fiori blu, di Raymond Queneau, traduzione di Italo Calvino.

Un esempio di sapiente traduzione che riformula e varia leggermente (per necessità) il testo originale senza perdite, e anzi riuscendo naturalissima: grazie al lavoro di Calvino sarebbe perfettamente plausibile che il testo di Queneau fosse stato scritto in italiano, tanto è scorrevole e divertente. Le battute fanno davvero ridere, come in francese (e in questo Calvino è stato certamente aiutato dalle sue doti di scrittore), sono sempre vivaci e mai scontate, anche se devono talvolta discostarsi dalla composizione letterale dell'originale per conservare la propria natura più intima, quella di vere e proprie perle umoristiche.


2)  L'anno della morte di Ricardo Reis, di José Saramago, traduzione di Rita Desti.

Rita Desti è una traduttrice straordinariamente capace. Lo dimostra con questa magistrale resa dell'ottimo libro di Saramago, in cui lo stile dello scrittore portoghese viene replicato e interpretato alla perfezione da Desti, forse la migliore traduttrice dal portoghese che abbiamo in Italia. Ancora una volta, l'eccellenza della traduzione deriva dalla sua completa aderenza al testo originale senza che vi sia mai l'impressione che si tratti di un libro tradotto. Quando un'opera tradotta sembra scritta direttamente nella lingua d'arrivo, è un ottimo lavoro del traduttore.


1) L'educazione sentimentale, di Gustave Flaubert, traduzione di Beniamino Dal Fabbro.

Beniamino Dal Fabbro è stato un acuto e profondo intellettuale veneto. Ha scritto numerose opere e ha tradotto alcuni grandi autori dal francese (Camus, Valéry, Proust, Baudelaire), e si è cimentato con Flaubert in due occasioni. Una di queste è la traduzione di L"'educazione sentimentale". Certo un libro non facile da tradurre, che Dal Fabbro ha però saputo interpretare nel modo giusto. L'elegante sintassi, le parole precise e calibrate, la struttura poetica dell'opera di Flaubert: Dal Fabbro ha considerato tutti questi elementi, e li ha resi nella sua traduzione, che rappresenta in modo esemplare come si possa rendere piena giustizia a un grande libro traducendolo con impegno e abilità. Ciò che si respira in questo libro è l'essenza stessa di Flaubert, e Dal Fabbro ci ha dato un testo italiano all'altezza dell'originale. Un regalo per cui dovremmo ringraziarlo.

21 dicembre 2012

Le peggiori traduzioni che io abbia mai letto


Tra i vari libri tradotti da una lingua straniera che ho letto, com'è naturale, alcuni erano tradotti bene e altri tradotti male. In questo elenco ho inserito le peggiori che abbia mai letto, con una piccola spiegazione che specifica cos'è che non va nella traduzione secondo me. I libri sono elencati dal "meno peggio" al "peggiore". Seguirà una lista delle migliori traduzioni che abbia mai letto.



4) Per chi suona la campana, di Ernest Hemingway, traduzione di Maria Martone Napolitano (o Napolitano Martone), Mondadori.

Questa traduzione non è proprio pessima, ma ricordo che Martone Napolitano inserì un numero eccessivo di regionalismi (es. "sparò il cavallo" anziché "sparò al cavallo") che rovinavano l'impressione generale che si ricavava dal libro. Me la ricordo poco, però.


3) Infinite Jest, di David Foster Wallace, traduzione di Edoardo Nesi con la collaborazione di Annalisa Villoresi e Grazia Giua, Einaudi.

Premessa: qualsiasi traduzione di questo libro sarebbe stata, in ogni caso, deficitaria rispetto all'originale. La cosa più brutta della traduzione Nesi-Villoresi-Giua è che sono state rese bene alcune frasi articolate e complesse, e sono stati commessi errori davvero banalissimi che fanno sorgere dei dubbi sull'effettiva collaborazione del terzetto di traduttori: ci sono frasi veramente facili che sono state clamorosamente sbagliate, così che sembra che i tre abbiano lavorato ciascuno per conto proprio e abbiano poi unito i risultati senza rivedere la forma dell'italiano. Alcuni esempi: un aeroplano che risulta "bombardato" anziché oggetto di un attentato per una errata interpretazione del verbo "to bomb", che vuol dire sì bombardare ma anche "piazzare delle bombe" (l'uso della logica avrebbe aiutato i tre, che comunque hanno certamente svolto un lavoro faticosissimo); una frase del tipo "sono più buoni di sempre", molto innaturale in italiano, anziché "più buoni che mai"; molti present perfect + for/since che necessitano di essere tradotti con il presente, ma sono stati tradotti con il passato prossimo; il solito "professionale" usato al posto di "professionistico" (ne parlerò in un altro post); altre inesattezze traduttive diffuse per un po' tutto il libro. Ripeto, la traduzione è stata sicuramente un lavoro monumentale e gli errori ci potevano benissimo stare: ma non su cose così facili, secondo me. Avrei più facilmente perdonato degli errori su frasi complesse piuttosto che queste imprecisioni su frasi molto facili.


2) Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, di Christiane V. Felscherinow, traduzione di Roberta Tatafiore, Rizzoli.

Roberta Tatafiore non era una traduttrice, e questo libro ne è la testimonianza perfetta. Probabilmente fu scelta per le sue competenze sociologiche sul mondo della prostituzione, che trattò spesso per conto delle pubblicazioni per cui lavorò (L'Unità, Il manifesto, ecc), argomento contenuto nel libro in oggetto. Tatafiore è stata certamente una persona ammirevole e un'abile giornalista, ma la traduzione dal tedesco non faceva per lei. A ulteriore difficoltà si erge il gergo giovanile contenuto nel libro, che sarebbe sicuramente stato un problema anche per un Ervino Pocar, un Umberto Gandini o un Emilio Castellani, e che Tatafiore ha cercato di rendere meglio che poteva, talvolta azzeccando, talvolta sbagliando le scelte. Un errore per tutti: l'«amico» della madre di Christiane che è in realtà il suo compagno: il sostantivo tedesco "Freund" significa sia "amico" che "fidanzato", ma in questo caso non c'erano dubbi che si trattasse del compagno della madre, visto che si parla di relazione amorosa tra i due. Altro esempio: il "barattolo di birra" che è ovviamente la lattina (errore questo che richiama il famoso caso del "can" inglese, sempre più spesso tradotto con "barattolo" nonostante l'evidente confusione che genera in italiano).


1) Futebol, di Alex Bellos, traduzione di Andrea Inzaghi, Baldini Castoldi Dalai.

Questa è in assoluto la peggior traduzione che abbia mai visto, per distacco. Forse una delle peggiori mai pubblicate negli anni 2000. Ho contato oltre 100 errori di traduzione, di varia natura: il libro tratta di calcio brasiliano, ma il traduttore non pare particolarmente ferrato né sul calcio, né sulle tecniche di traduzione, visto che ha sbagliato praticamente tutti i riferimenti calcistici (la traduzione di "right wingback", che vuol dire "terzino fluidificante destro", con l'inesistente "ala destra della difesa" palesa le mancanze di Inzaghi dal punto di vista tecnico) e diverse locuzioni inglesi di varia natura (nonché praticamente tutte le parole e le espressioni in portoghese che apparivano talvolta nel libro). La traduzione non è coerente, all'interno del testo sceglie nomi diversi per la stessa cosa, come se il traduttore non avesse memoria di ciò che aveva scritto. I termini "tecnici" (ammesso che ormai il calcio ne abbia, vista la diffusione dei termini calcistici nel linguaggio comune) sono imprecisi e poco chiari, i riferimenti storici sono quasi tutti sbagliati ("Gradim" diventa addirittura un'intera squadra, ma è il calciatore Gradín), troppi nomi sono lasciati in inglese quando si poteva facilmente trovare una efficace traduzione italiana. Leggere questo libro, da conoscitore di inglese, portoghese e calcio brasiliano, è stato quasi penoso.

Post inaugurale

Tentativo di primo post, di prova, sulla piattaforma Blogger.

Link