Le scuole calcio devono essere strumenti formativi non solo a livello sportivo, ma anche a livello umano. Ovviamente non devono essere surrogati di educazione e istruzione, ma devono agire in parallelo, contribuendo con insegnamenti che possono derivare solo dallo spirito sportivo.
Negli ultimi anni ho notato che anche ai bambini viene insegnata la simulazione, la protesta all'arbitro, la condotta antisportiva. Fin dagli inizi viene detto ai bambini che appena si viene toccati si deve gettarsi a terra per cercare il fischio dell'arbitro. Appena caduti si guarda il direttore di gara strabuzzando gli occhi, esigendo il fischio e la punizione all'avversario. Si rimane a terra fingendo dolori lancinanti quel tanto che basta perché l'arbitro sia persuaso a soffiare nel fischietto. Poi ci si rialza prontamente, magari proponendosi per calciare la punizione o il rigore appena ottenuti.
Non aiutano certamente i calciatori di Serie A, ormai dei veri e propri maestri nell'arte del tuffo, tanto da far invidia agli olimpionici del trampolino. Inevitabilmente i bambini si ispirano a loro come modelli di comportamento: inutile dire quanto danno facciano a uno sport nato e fondato sulla correttezza e sull'utilizzo delle abilità – individuali e di squadra – per superare gli avversari.
L'insegnamento del calcio deve partire dallo spirito sportivo. Non si devono forgiare degli atleti pronti a tutto pur di mendicare un calcio di rigore o un'espulsione di un difensore avversario. Si devono formare degli uomini di sport, con dei principî saldi e incorruttibili. Altrimenti si diviene fautori della rovina dello sport che più di ogni altro rappresenta e deve rappresentare comunione e onestà.
A. R. T.