13 gennaio 2013

Fenomenologia di Sandro Piccinini

Ormai da diversi anni a questa parte il mondo delle telecronache delle partite di calcio assiste al sorgere di una nuova generazione di commentatori, che gli ammiratori potrebbero definire "entusiasti" e che i detrattori sostengono invece essere semplici "esagitati". Lo stile telecronistico di questi giornalisti è caratterizzato da una costante enfasi narrativa volta a cercare di spettacolarizzare ogni singolo secondo della partita, anche il più piatto e tranquillo, in ossequio alla generale tendenza televisiva ad aumentare il rumore e diminuire il contenuto. Iniziatore, capostipite e massimo esempio di questa categoria è certamente Sandro Piccinini. In contrasto con cronisti più misurati come Bruno Pizzul o Stefano Bizzotto, Piccinini ha dichiarato una personale guerra al silenzio e allo stile: le sue armi, un vocabolario basilare e un'ugola portentosa. Chiave delle telecronache di Piccinini è la ripetizione di un numero limitatissimo d'espressioni: ogni frase è pronunciata con la stessa cadenza (tono in crescendo ed enfasi sull'ultima parola detta), la ricerca lessicale è nulla, la metafora è sempre impiegata nella più dozzinale delle versioni. Nel corso di una telecronaca della durata media di circa 100 minuti compresi recuperi e brevi intervalli, ascolterete decine e decine e decine di volte le stesse frasi, tanto che lo spazio-tempo intorno a voi arriverà a distorcersi, vi perderete come in un labirinto («ma non l'aveva già detto prima, al 15'? Ma quanto tempo è passato?»), dimenticherete ogni concetto di coerenza temporale e vi ritroverete al termine della partita con molti neuroni in meno e qualche dubbio: avete assistito a una partita di calcio o a un film surrealista? Non tentate di segnarvi il numero di volte in cui Piccini pronuncia i suoi vari (si fa per dire) "numero", "per lui", "zona tiro", "incredibile": perdereste sicuramente il conto a metà primo tempo, avendo esaurito tutti i foglietti preparati per l'occasione. Piccinini in questo è preciso come un orologio svizzero: a ogni tocco di palla che richieda un minimo d'abilità, urlerà «NUMERO!»; a ogni passaggio lungo, «SCIABOLATA!»; ogni volta che un giocatore arriverà a meno di 30 metri dalla porta, puntuale svuoterà i polmoni con «ZONA TIRO PER LUI!»; e ogni cosa insolita è ovviamente «INCREDIBILE!». Piccinini non riesce a evitare l'enfasi, è ormai connaturata in lui: se inquadrassero un giocatore che si allaccia le scarpe, strepiterebbe «NUMERO! LE FA COL DOPPIO NODO!». La ripetizione diviene ipnotica, le certezze vengono a poco a poco a mancare: cos'è davvero bello, se tutto è un «NUMERO!»? Le cronache di Piccinini hanno dato inizio a un diffuso e progressivo abbandono della serietà del commento in favore della vivacità a tutti i costi, aumentando enormemente il numero degli errori dei cronisti che, concentrati come sono a doversi sgolare, non possono certo fare attenzione alla pronuncia dei nomi, ai ruoli dei giocatori, alle azioni in campo, agli aspetti tattici. Ci mancherebbe. Conta solo intrattenere, ma non con le immagini dello sport, il calcio, bensì con urli, espressioni stereotipate (ogni telecronista ha la sua, che lo identifica - purtroppo, non in questura, ma all'orecchio del telespettatore), commenti da bar. Piccinini ha veri e propri emuli (i colleghi Luca Gregorio ed Enrico De Santis, che tentano di replicare il disistile di Piccinini adottando addirittura il suo stesso vocabolario), semplici imitatori e urlatori come Fabio Caressa che, partendo dal "modello Piccinini", hanno sviluppato tutto un loro modo di (non) commentare, magari aggiungendo assurdi tentativi di picchi di lirismo (regolarmente falliti), toni pseudo-epicizzanti e una generale rinuncia alla professionalità. La situazione, almeno per ora, non pare tendente al miglioramento.

1 commento:

  1. Ottimo articolo, giusto oggi ridevo come un pazzo nel guardare un immagine su Facebook come http://www.calcionapoli24.it/thumbs/allegati/large/1361569610_73.jpg questa :)
    Eppure queste telecronache a me piacciono, tanto non è loro che ascolto ma i telecronisti spalla (perfino Bagni! - per assurdo - che di calcio ci insegna a tutti), soprattutto se sono ex calciatori. Il mio preferito è Antonio Di Gennaro, che ho avuto la fortuna di beccare in quasi tutte le partite del Palermo di quest'anno.

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